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FAST-FASHION,MODA O CONSUMO?

Conta solo il vestito. Il corpo è un liquido che prende la forma del vaso

É da questa frase del celeberrimo, ed oggi purtroppo compianto, Pierre Cardin che parte la riflessione riportata di seguito. In Italia il vestire, e di conseguenza il vestirsi, hanno sempre rappresentato una importantissima risorsa, oltre ad essere ancora oggi una delle industrie che più ci contraddistinguono nel mondo, per stile e prestigio.
Si è verificato qualcosa però, a partire dai primi anni del 2000, che ha in qualche modo abbassato la dignità del vestire e del fare moda.
Passo a Spiegare.
Nel ‘900 la moda ha anticipato le tendenze, sicuramente, ma ha anche gettato, spesse volte, le basi per una nuova visione a livello sociale, plasmando l’ immaginario de nuovi ruoli che le persone iniziavano ad avere.
Un esempio evidente sta nel come la moda femminile, parallelamente alle conquiste nel campo della parità di genere, abbia iniziato a “coprire” il corpo femminile, tagliando abiti in modo più austero, spostandosi su di un’ eleganza, per certi versi, più mascolina.
Ciò accadde perché quando anche alle donne fu permesso di assumere posizioni più prestigiose ed elevate, la moda frivola e pomposa degli anni 50/60, ha iniziato a risultare eccessiva, o per lo meno, in certi casi, fuori luogo. Fu cosi necessario dare una nuova identità all’ abbigliamento femminile, consono ai nuovi contesti a cui le donne prendevano parte.
Ecco che negli anni 70 si impongono gonne lunghe, pantaloni, giacche, camicette e bluse larghe, più sobrie ed eleganti e si inizia a parlare di Unisex.
Questo modo di concepire la moda non può però essere compatibile con il sopraccitato “fast-fashion“, poiché poggia le sue basi su tutto’ altro intento ed è concepito per un’ obiettivo differente.
Le grandi catene di “fast-fashion” puntano sul rendimento economico del prodotto, annullando di fatto il passaggio tra pensiero del capo e sua realizzazione. Si produce senza proporre una visione, un’ idea, una filosofia proprio perché si punta sul rendere accessibile, piuttosto che rendere speciale.
Complici i bombardamenti social da parte dei sempre più numerosi influencer che costantemente propinano oggetti, molto spesso scadenti e privi di qualsiasi “anima”, con il solo fine di guadagnare, e non di proporre e far conoscere qualcosa in cui davvero credono o che sinceramente pensano essere meglio rispetto alla concorrenza.
Ogni epoca ha la concezione di moda che si merita, ed il periodo attuale rispecchia in pieno la mancanza generalizzata di stile, eleganza e ricercatezza. Ci si veste troppo spesso ormai senza seguire i propri gusti, senza assecondare le proprie inclinazioni, per paura di essere giudicati, o forse solo per insicurezza.
Oggi l’importante è possedere per mostrare l’ oggetto adocchiato sul profilo dell’ influencer: il fatto che ci piaccia o meno passa in secondo piano.
Piraka, nel suo piccolo, vuole riportare in primo piano quel pensiero e quella visione, quasi dimenticata, cercando di colmare la lacuna e tentando di ridare questa consapevolezza a tutti coloro che sapranno cogliere il messaggio.
Conta solo il vestito, perciò ricominciamo ad adattare il vestito a noi stessi, e non noi stessi al vestito.